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Pitigliano, Sorano e Sovana: odori, sapori e paesaggi fuori dal tempo nella Maremma toscana

Photo Credits – M.C.Nicoletti

Ciao a tutti! Sono Maria Cristina e, un po’ per passione un po’ per lavoro, mi occupo del mondo dei viaggi del gusto. Con la mia rubrica vi porterò con me in giro per l’Italia alla ricerca di prodotti tipici locali, storie e tradizioni.

Voglio cominciare proprio da un luogo a me caro, la Maremma toscana.

Parlare delle vie cave, le vie di roccia tagliate dagli etruschi nel tufo, vuol dire raccontare di una parte della Toscana tra le più ricche di storia, un’area a forma di triangolo che comprende le località di Pitigliano, Sorano e Sovana. Siamo nei borghi dell’entroterra grossetano, i borghi delle vie cave, percorse dagli etruschi in passato e, fortunatamente, arrivati fino al presente dei nostri piedi. Spesso li troviamo catalogati come “borghi minori”, ma di minore non hanno proprio nulla, a partire dall’imponente estetica per arrivare fino all’importante impronta eno-gastronomica.

Nessun turista può dire di aver visto la Toscana senza essere passato da queste parti. Basta guardarsi intorno, abbiamo sotto i nostri occhi, a pochi chilometri dal mare, un tripudio di fascino e di mistero. Chi non ha mai visitato questi luoghi dovrebbe farlo magari in una sera d’estate così da godere della struggente bellezza delle luci della notte e del silenzio di queste valli. Di giorno c’è solo l’imbarazzo della scelta, questi borghi sono dei musei a cielo aperto e intorno si estende il territorio dell’antica Tuscia: necropoli e resti archeologici spuntano come funghi in una campagna che ha conservato intatta gran parte della sua identità.

Provare per credere, rimarrete stupefatti dalla bellezza. Il mio consiglio è di partire da Pitigliano rimanendo magari a cena nel centro storico. D’estate è possibile partire sorseggiando un buon bicchiere di vino Aleatico seduti in uno dei tanti vicoli o dei tanti muretti del paese. Di qui si gode di un ottimo panorama sospeso nel tempo. Ma il vino dove lo prendiamo, direte voi? Ci sono varie enoteche e molti ristorantini, ma vi segnalo la presenza anche di buon bistrot, la Trattoria Le Logge (Piazza San Gregorio VII), che offre piatti caserecci a prezzi modici nel bel mezzo della piazza centrale, da dove si può prosegure la visita del borgo snodandosi tra gli stretti vicoli.

La sera Pitigliano si veste di un color arancione intenso che spicca nel blu scuro della notte. Non è raro trovare sul muretto del belvedere molti fotografi intenti ad immortalare questo magico momento e realmente sembra di catapultarci all’interno di un quadro ad olio.

Altro alternativo modo per conoscere questi borghi è il trekking a piedi, una grande forma di viaggio sostenibile che trova qui completa realizzazione. In questa valle dei tufi, infatti, le vie cave sono i sentieri percorsi da millenni e questi antichi cunicoli in tufo collegano fra di loro i tre paesi.

La via cava principale è famosa in primavera poichè nella notte dell’equinozio del 19 marzo, per segnare la fine dell’inverno, vi si svolge una processione al lume delle torce che percorre l’itinerario monumentale concludendosi in piazza Garibaldi.

La tradizione culinaria esprime al meglio alcune caratteristiche della cucina della Maremma toscana, ma si apre a diverse contaminazioni. Siamo al confine della Toscana con l’Umbria ed il Lazio, e questo territorio esalta i contributi e le influenze delle regioni limitrofe in maniera sopraffina. Incuriosisce in questo senso la presenza del cannolo fritto, fiore all’occhiello della pasticceria laziale e campana, che ritroviamo in tutte le pasticcerie tra il Monte Argentario e Pitigliano (in altre zone della Toscana introvabile). Per i più golosi mi sento quindi in dovere di segnalare Il Vecchio Forno, situato in via Pascucci 23 ad Albinia (raggiungibile agevolmente se dall’entroterra ci si sposta sulla costa). Chi entra in questo luogo magico ha di fronte agli occhi un tripudio di pezzi dolci e salati da far girar la testa.

Se invece cercate la tradizione di Pitigliano non posso che segnalarvi i mitici pici: pasta grezza e genuina di semola di grano duro condita all’aglione (pomodoro, aglio e parmigiano) o magari con ragù di lepre o di cinghiale. Da provare anche la tegamata, un piatto che veniva preparato in famiglia quando si ammazzava il maiale. Carne marinata con vino e spezie cotta con le patate novelle in un tegame di coccio.

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