Il prossimo 31 maggio 2013 si svolgerà a Singapore la prima edizione del World Street Food Congress, un evento di dieci giorni che celebra la varietà e la vitalità delle culture alimentari di strada. Al World Street Food Jamboree ci saranno venditori ambulanti, un po’ come siamo abituati a trovare nella sezione street food del Salone del Gusto di Torino.
Partecipare al programma delle conferenze del World Street Food Congress costerà un occhio della testa (circa 600 euro al giorno) e si potranno incontrare i migliori operatori del settore, oltre che personaggi del calibro di Anthony Bourdain, che da sempre sottolinea l’importanza della strada, K.F. Seetoh, ambasciatore del cibo di Singapore e fondatore di Makansutra.com e Jean-Georges Vongerichten.
Per quanto interessante, il World Street Food Congress si preannuncia come un grande controsenso. Da una parte si vuole promuovere e proteggere la cultura culinaria più democratica ed economica del mondo, quella povera ma buona, quella di strada. Dall’altra un prezzo di accesso così alto limita la partecipazione al congresso ai soliti grandi nomi famosi ed agli spondor che possono investire.
Promuovere lo street food significa anzitutto preservarlo dalla massificazione indiscriminata, garantendo una continuità nei processi produttivi e di approvvigionamento ad ogni latitudine. Vogliamo fare un esempio in senso negativo? La nostra cara ed amata pizza, che è stata maltrattata, sconvolta, smontata e malamente ricomposta per le strade di tutto il mondo.
In questo senso è positivo ciò che si propone di fare questo congresso, “strutturare nuove opportunità” per promuovere il patrimonio del cibo di strada partendo proprio dal modello Singapore. Qui sono riusciti a trasformare l’umile cultura del cibo di strada in un “fenomeno culturale iconico” che viene ospitato all’interno di una struttura al coperto, garantendo gli stessi standard qualitativi.
Ma la polvere, le urla, la ressa, la magia, il calore della strada, dove li mettiamo?
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